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20 | DEGLI ANNALI |
za; Arrunzio Stella, della festa che Nerone ordinava; Caio Balbillo governatore d’Egitto; P. Anteio destinato per Soria; ma dopo vari aggiramenti, alla fine fu arrestato in Roma: Silana scacciata; Calvisio ed Iturio confinati; Atimeto giustiziato. Le libidini del principe scamparon Paride: di Plauto per allora non si parlò.
XXIII. Pallante e Burro furon poi accusati d’avere consentito che Cornelio Silla di gran sangue, marito d’Antonia, figliuola di Claudio, fusse assunto all’imperio. La spia del tutto riuscì falsa: e fu un certo Peto, infame incettator di beni di condennati, che il fisco incantava. Di Pallante non fu tanto cara l’innocenza quanto stomacò la superbia. Avendo detto, quando senti nominar suoi liberti per testimoni, che in casa sua non comandava che per cenni: e bisognando sprimer meglio, per non s’affratellar con essi parlando scriveva. Burro, benchè reo, fra giudici diede il voto. Peto fu bandito e arsigli i libri fiscali, ove raccendeva i debitori che avean pagato.
XXIV. Al fine dell’anno si levò la guardia solita tenersi alle feste, per mostrare più libertà: non insegnare assoldati quelle licenze della plebe, e lei provare come senza guardia stesse. Gli Aruspici fecero al principe ribenedire la città, essendo in su i tempj di Giove e Minerva cadute saette.
XXV. L’anno di Q. Volusio e P. Scipione Consoli, fuori fu quieto, nella città scorretto; perchè Nerone per le vìe, taverne e chiassi, travestito da schiavo, con mala gente correva le cose da vendere: e faceva tafferugli sì sconosciuto, che ne toccava anch’egli, e ne portò il viso segnato. Chiaritoci esser lui che faceva questi baccani, crescevano gli oltraggi