Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/215

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attaccato odio. Aizzavano a'Lionesi ogni soldato a distruggere i Viennesi , assediatori della colonia loro, aiutatori de'disegni di Vindice, ragunatori di nuova gente per difender Galba. Mostravano , dopo le cagioni dell' odio, la preda grande. Nè in segreto gli confortavano, ma gli pregavano in pubblico : » Andassono a gastigarli ; sperperassero quel nido di guerra gallica, fatto di stranieri tutti, nimici tutti. Sè esser colonia roraaua, parte dell' esercito , compagni al bene e al male. Non si lasciassono , in caso di rea fortuna , in bocca ai cani. »

LXVI. Con queste e simili parole, misero l'esercito in tanta rabbia , che i Legati e Capi di parte credettero non poterla spegnere. Il qual pericolo vedendo i Viennesi, con loro veli e sagre bende, ove i soldati passavano , gli addolcirono ; abbracciando loro armi e ginocchia e piedi ; e Valente donando fiorini sette e mezzo d' oro per uno. Allora l' antichità e degnità di quella colonia, e le parole di Fabio, raccomandante la salvezza de'Viennesi, valsero loro. Nondimeno al pubblico furon tolte l' armi ; e con private facoltà d'ogni sorta, rinfrescarono i soldati ; ma e' si disse pe# cosa certa che Valente fu comperato gran danaio. Di sempre mendico , subito arricchito, non coperse la mutata fortuna; le voglie accese per lungo patimento da giovane meschino, vecchio prodigo aon temperò. L'esercito marciò per li Allobrogi e Voconti a passo lento , mercatando il Generale bruttamente co' magistrati delle città e coi padroni de'campi, a un tanto per lo cammino scausato, per l'alloggiare risparmiato ; con tali minacce che a Luco , buona terra de' Voconti, accostò le fascine per arderla, se non veniva la moneta; e quando non ve n' era