Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/235

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il giovaue era per natura d’ ogni grandezza capace , Lello, con una certa maestà : le cose di Vespasiano prospere- in favore i responsi e la fortuna, che negli animi inclinati a credere val per tutto. Giunto in Corinto, città di Acaia, ebbe avvisi certi della morte di Galba: e gli era detto che Vitellio era armato e faceva guerra; dal che travagliato fece con pochi amici consiglio di tutto: » Se io seguito il viaggio di Roma, preso per altri onorare , chi me ne saprà grado ? sarò statico di Vitellio o d’ Otone. Se io torno addietro, offendo al certo chi vincerà; mentre se ne dubita, se mio padre s’accosterà a Uno, io, figliuolo, sarò scusato; se cercherà l’imperio per sè, che importa offendere, se si tratta di guerra ? »

II. Dibattuto per tali discorsi da timore e speranza, questa superò e tornò indietro. Alcuni dissero per martello della reina Berenice. Il giovane non le voleva male, ma non lasciava le faccende perciò: fu giovane allegro e di piaceri ; più modesto nell’ imperio suo che del padre. Costeggiate adunque l’ Acaia e l’Asia, e la banda sinistra, navigò a Rodi, in Cipri: indi più ingolfato, in Sorìa. Vennegli disio di visitare il tempio di Venere in Pafo, celebrato dai paesani e dai forestieri. Tedio non fia dir qui brevemente l’origine di questa divozione, il sito del tempio e la forma della Dea differente da quella degli altri luoghi.

III. L’ antica memoria fa il tempio edificato dal re Aeria: alcuno dice che questo è il nome di essa Dea; la moderna fama è, che Cinara sagrò il tempio: Venere nata del mare quivi arrivò : la scienza e arte dell’ indovinare vi portò Tamira di Cilicia; con patto che i discendenti suoi e quei del Re, governassero la religione.