Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/254

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afferrate per tenerlo fermo, coi canapi lunghi, per alzarsi col fiume quando egli ingrossa ; e con una torre in su l’ ultima nave del ponte per tenere, sparando tiri, il nimico discosto.

XXXV. Gli Otoniani ne fecero un’ altra in su la ripa, e tiravano sassi e fuochi. ll fiume faceva un’isola: brigavano d’entrarvi i gladiatori in barche5 i Germani a nuoto passavano loro innanzi. Macro vedendone passati molti, empiè le barche de’suoi più feroci, e quelli assali- ma non combattono i gladiatori col coraggio de’ soldati : e barcollando nel fiume , non aggiustavano le ferite, come quelli a piè fermo in ripa ; e cadendosi addosso rematori e soldati qua e là, spaventati diversamente, i Germani si gittano nell’acqua5 attaccansi alle poppe; montano in su le corsìe; affondano i vascelli in su gli occhi d’ ambi gli eserciti, con tanta allegrezza de’Vitelliani, quanta rabbia delli Otoniani; che bestemmiando quella rotta , e chi n’ era cagione,

XXXVI. ruppero i vascelli salvati, e finirono la battaglia con la fuga. Gridavasi : «Muoia Macro;» e già ferito da lontano di lancia, gli erano addosso con le spade; ma Tribuni e Centurioni accorsivi lo salvarono. Non guari dopo, Vestricio Spurina, di ordine d’Otone, lasciata poca guardia in Piacenza, venne con le forze a soccorrere; e ~Otone diede a Flavio Sabino, disegnato Consolo, la carica di quelle genti che aveva Macro ; piacendo a’ soldati questo scambiettar Capitani; e i Capitani ancora, per tante sedizioni, poco si curavano di sì fatti carichi.

XXXVII. Trovo scritto, che ambi gli eserciti, spaventati della guerra, o stucchi delle brutte sceleratezze dell’ uno e dell’ altro principe, che si scoprivano