Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/312

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come vuol Messalla, o d'Antonio, come C. Plinio , che ne lo biasima, non discerno ; ma egli fu bene, quantunque sceleratissimo, proporzionato alla fama e vita, di qual s'è l'undiloro. Senza più guardar a ferite nè a sangue , già avevan rovinato il riparo, già scotevan le porte: salitisi insu le spalle, e sopr'alla rifatta testuggine , aggavignano armi e braccia a' nimici. Sani con feriti, moribondi con boccheggianti, s' abbaruffano in ogni strana attitudine e immagine di morte.

XXTX. Asprissima battaglia faceano la settima e la terza: e con l'arco dell'osso vi si mise Antonio con aiuti fortissimi. Vedendo i Vitelliani non poter reggere a tanta serra e fuori della testuggine, ciocchè di sopra piombava sbalzare, diedono al mauganone la pinta : il quale di sotto quanti ne coperse , schiacciò o sbaragliò : e di sopra si tirò dietro i merli, la cresta del bastione, e una torre congiuntali, intonata da' sassi ; e mentre i setti mani s'aiutavano a montare con serrate frotte , i terzani con le scuri e spade spezzaron la porta. Il primo a entrar dicono tutti gli autori che fu C. Volusio soldato della terza. Costui salito su la trincea , fattosi far largo per fqrza, alzò le mani e gridò : » Il campo è nostro ». Gli altri seguitarono , già per la paura gittandosene i Vitelliani a teri/a: quanto è dal campo alle mura, s' empiè di morti.

XXX. Rimanevaci fatica nuova e varia : mura alte, torri murate , porte ferratissime , tanti soldati con l ' arme in mano , tanto popolo cremonese, tutto della parte contraria ; e mezza Italia concorsa in que' dì alla fiera, che dava, per la moltitudine , aiuto alla difesa e animo agli assalitori per la preda. Tosta