Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/313

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Antonio manda a ficcar fuoco nelle amenissime ville e palagi, fuori della città, se forse i Cremonesi per salvar i lor beni mutasson fede. Empie le più alte case e vicine alle mura di buon soldati; i quali cacciano i difenditori con travi , fuochi e tegoli.

XXXI. Le legioni rifanno testuggini : altri tiran sassi e dardi ; tanto che i Vitelliani a poco a poco scorati cedono alla fortuna , di mano in mano i più degni; perciocchè lasciando sforzar Cremona, non rimaneva loro più luogo di misericordia; e il vincitore sfogherebbe tutta la rabbia sopra di loro Tribuni e Centurioni, non sopra la plebe che non ha che perdere. I soldati privati non pensavan tant' oltre; faceali lor bassezza sicuri. Sperduti per le vie, nascosti per le case , non chiedevano pace e ayevan diposta la guerra. I principali del campo levano il nome e le immagini di Vitellio ; sciolgono Cecina. ancor nei ferri , e preganlo che preghi per loro. Ributtandoli arricciato e tronflo , lo importunano , e chieggono a un traditore tanti fortissimi campioni con le lagrime ( ultimo di tutti i mali ) mercè per Dio , e mostrano i sagri veli e le bende dalle mura. Avendo Antonio fatto fermar l' armi , cavaron fuori le insegne e l' aquile , e dietro ne veniva la gente trista, disarmata , con gli occhi bassi : e d'intorno i vincitori prima li svillaneggiavano , poi alzavan le mani ; ma vedendoli porger il viso , e Ogni viltà patire , si rimembrarono questi esser quelli che dianzi a Bedriaco si temperarono nella vittoria. Ma quando cernie Cecina da Consolo con la pretesta, littori innanzi , e chi faceva far largo, scappati di pazienza , gli rinfacciavano l'orgoglio e la crudeltà ; e infino