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98 fosca

Non lasciarmi così presto. Già giorno! Che bel cielo! Che belle stelle! Credi che sieno tanti mondi?

— Senza dubbio.

— E che li abiteremo un giorno?

— Ma! Forse!

— Che cosa siamo noi! Che cosa è la vita! esclamò ella tristemente.

E quasi avesse voluto cercare nella certezza del mio amore un compenso allo sconforto di quel pensiero, aggiunse con impeto:

— Oh amami, amami! Abbi compassione di me! Mi ami tu realmente?

— Sì.

— Mi amerai sempre?

— Sì.

— Giuralo.

Esitai un istante.

— D’un affetto puro...di un affetto fraterno!… — diss’ella.

— Lo giuro.

— Non avrei voluto esigere da te un giuramento diverso: io ne conosco l’importanza, né vorrei legarti così a me, quantunque sappia che la mia morte te ne scioglierebbe assai presto. Non voglio che tu sia infelice pel mio egoismo. La natura ha dato a tutti gli uomini un solo mezzo per rendere felici gli altri — amarli — io col mio amore non li posso rendere che più miseri. Tu ami molto quella donna? — mi chiese ella con accento pieno di mestizia.

— Non me lo chiedere, Fosca, non me lo chiedere.

— E perché? Non ho io caro che tu sia felice? Ti ama ella?

— Lo spero.

— È bella?

— A me piace.