Pagina:Tarchetti - Fosca, 1874.djvu/127

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fosca 125

mi avete dato il vostro danaro, io vi ho dato la mia avvenenza, la mia gioventù, il mio talento. (Non voglio mancarvi di rispetto in questo istante, ma voi sapete, Fosca, che non siete bella). Eravamo pari: ebbene, abbiamo vissuto insieme undici mesi, il nostro commercio andava bene. Ora questo contratto non ci conviene più? sciogliamolo. Mi sembra che non occorra disgustarci per questo. Voi tornerete a casa vostra, vostro padre e vostra madre sono due eccellenti creature, e vi riceveranno a braccia aperte. Io tornerò a vagabondare pel mondo e a distrarmi. Già… fu un errore. Non era nato per la vita di famiglia io. Badate che siamo in debito di un semestre di fitto di casa. Ve ne avverto per vostra norma. Io parto sul momento. A rivederci.

«Così mi separai da mio marito. Rimpatriata, trovai la mia famiglia quasi povera. Al rimorso di averne sacrificato il benessere al mio egoismo, si aggiungeva il dolore di scorgere che la salute dei miei genitori s’era alterata di molto per quei dispiaceri. Erano invecchiati quasi ad un tratto, erano diventati pensierosi, tristi, diffidenti. Quelle due creature sì semplici, sì ingenue, sì affettuose, avevano subito una disillusione troppo grande e troppo inaspettata. Essi non avevano neppure mai immaginato che avesse potuto esistere al mondo un uomo come mio marito; ciò sarebbe stato superiore di gran lunga al concetto più triste che avevano potuto farsi degli uomini, ed era naturale che ne fossero colpiti sì al vivo. Una sola cosa consolava me ed essi di quella sventura. Io stava per diventar madre. Io avrei avuto uno scopo nella mia vita; essi, un affetto nuovo, una nuova divagazione; sentivamo tutti e tre che questo avvenimento ci avrebbe fatto dimenticare il passato di cui lo consideravamo quasi come un compenso.

«Erano trascorsi cinque mesi dal giorno della nostra