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mali, non il loro cantiere complessivo, né la loro base. Possiamo curarla come empirici, ma non come medici. È una malattia che è fuori della scienza; l’azione dei nostri rimedi è paralizzata da una serie di fenomeni e di complicazioni che l’arte non può prevedere. E l’arte medica, voi lo sapete, non è che una povera cosa — si va innanzi per induzioni.

— Ma quelle grida? io dissi.

— Ciò è il meno, convulsioni isteriche. Già... il fondamento de’ suoi mali è l’isterismo, un male di moda nella donna, un’infermità viziosa che ha il doppio vantaggio di provocare e di giustificare. Quella creatura è d’una irritabilità portentosa, ha i nervi scoperti (Mi ricordo di questa espressione: «i nervi scoperti»). La menoma contrarietà, il menomo urto bastano a provocare quella catastrofe che oggi vi ha tanto spaventato. Del resto è cosa di tutti i giorni. Fu caso che non sia più avvenuta da qualche tempo in quell’ora.

— Suo cugino non sembra però molto impensierito da questo stato di cose.

— È naturale. Non vi è rimedio.

— Ella vi soccomberà dunque presto?

— Non credo, la sua macchina è sì debole che non ha forza di produrre una malattia mortale.

— Strano!

— Ne abbiamo esempi ogni giorno; ogni trionfo è l’effetto di una lotta; occorrono elementi atti a lottare; in un corpo come quello non vi è lotta; tutti quei mali si paralizzano; i forti e i robusti giuocano sempre una partita assai seria colla infermità, i deboli se ne schermiscono. Con una salute come quella si vive spesso fino a ottant’anui.

— È una teoria consolante pei deboli, io dissi; ma come ha potuto buscarsi tutti quei mali?