Pagina:Tarchetti - Paolina, 1875.djvu/115

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paolina. 115


riso veniva tutto dalla mente, e nasceva da una compiacenza intima e scellerata. Si drizzò sulla sedia, lasciò cadere le molle tra le ginocchia, e disse a sè stesso con qualche serietà:

«Ma converrà simulare per bene, o tutto è rovinato — simulare; sicuro, mi spetta la parte d’un convertito, come dice la signora Gioconda: oh la sarà una conversione sincera!» E dando in uno scoppio di risa, riprese le molle, e tornò a tracciare i nomi delle sue vittime nella cenere.

Paolina poneva in quel momento il piede sull’ultimo gradino: innalzando gli occhi al cielo come per implorarne coraggio, osservò il soffitto della scala dipinto a gruppi di angeli; e ve ne aveva uno allusivo al suo destino. Parevale che in un soggiorno così delizioso, circondato da tante ricchezze, e allettato da ogni mezzo di beneficare e di essere felice, un uomo non potesse mai essere cattivo: ma l’immagine del marchese tornavale alla mente, fosca, imperscrutabile, bassamente severa, e quella illusione non bastava a rassicurarla. Sotto il suo scialletto turchino, l’ondeggiamento visibile del seno attestava le pulsazioni rapidissime del cuore, e le sue lunghe palpebre di seta battevano concitate sotto il velo del suo cappello. Portò la mano al bottone del campanello, e rimase in quell’atteggiamento senza premerlo.... ritornare, fuggire, scrivergli, andarvi con madama Gioconda.... ma ogni pensiero era accarezzato e respinto ad un tempo: Luigi.... le mormorò allora all’orecchio una voce sconosciuta, e questa parola troncò la sua esitazione; il campanello fece sentire il suo strillo nell’anticamera, si udì il passo accele-