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rato dei servi che venivano ad aprire alla giovine: Paolina raccolse tutte le sue forze ed il suo coraggio, e il marchese trasalendo posò le molle contro la parete e si ricompose con molt’aria di gravità sopra la sua sedia.

«Avanzatevi mia buona giovine, disse il marchese dopo che il servo fu partito, a Paolina rimasta immobile nel mezzo nel gabinetto; ma vedendo che la fanciulla si avvicinava con lentezza, si alzò, e traendo una sedia presso la sua, e indicandogliela e tornandosi a sedere, aggiunse: Come state Paolina? apritemi il vostro cuore, io sono impaziente di sentire la storia di quel vostro fidanzato, e di giovargli per quanto mi sarà possibile, correggendo almeno con questo favore il cattivo concetto che voi dovete avere di me.

Pronunciando queste ultime parole con suono di voce più vibrato e più lento, innalzò gli occhi che aveva tenuti fino allora rivolti al caminetto, e fissò in volto la fanciulla che scolorì un poco, ma sostenne quello sguardo con franchezza, mormorando quasi intelligibilmente: — Mio Dio! ciò non è affatto vero..., la mi voglia perdonare, e poi.... la signora mi ha disingannata.

— No, no, interruppe il marchese con un’apparenza molto verosimile di compunzione: voi avete fatto di me quel giudizio che meritavo; è giusto, io vi ho fatto del male, era traviato dalla mia passione; ma credetemi, Paolina, che non desidero tanto la libertà di quel giovine per la vostra felicità, quanto per obbligarvi a dimenticare per un po’ di riconoscenza i miei torti. Ma ascoltiamo, ascoltiamo questa storia e non tacetemi alcuna circostanza.