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voluto bene, e se qualcuno avrebbe osato cacciarti. — Ecco cosa rimane ora di te: fu un lampo; dove sono ora le tue alette di velluto impolverate, il tuo corpicciuolo snello e gentile; chi può distinguere adesso in questo piccolo carbone quello che tu eri? Povera bestia!

«E pure tu dovevi avere qualche motivo per desiderare con tanta ostinazione la morte. Soffrivi? E di che? Eri tu brutta, derisa, avvilita? Pativi di malattia o di fame? Nulla di ciò certamente, e pure tu hai voluto morire, sì tu hai voluto morire.» La fanciulla si fermò con insistenza su questo pensiero, e allungando macchinalmente il braccio sul tavolino, tirò a sè il suo libro delle preghiere, e aprendolo per caso alla pagina 57, vi lesse nell’interpretazione ai canti di Salomone queste parole: «Non invidiate i beni degli uomini prosperi, non invidiate la bellezza e gli onori: nulla è degno di essere invidiato sulla terra, tranne la virtù, che vi apre la via ad una vita imperitura. Il cielo sdegna i lamenti codardi di coloro che soffrono, perchè li ha collocati qui come in un luogo di prova, e nulla è più accetto al Signore che il dolore paziente e rassegnato. Sapete voi quanto darete vivere e quando morire? Se la vita è una espiazione, compiacetevi e inorgoglitevi quasi di soffrire, perchè avete maggior diritto ad un premio, e l’istante di conseguirlo è vicino.»

La fanciulla si pose a riflettere su queste parole, e la sua fantasia tanto facilmente eccitabile la trasse a mille pensieri, strani, opposti, disordinati, con immagini di cose non mai viste, di natura essenzialmente diversa, — oltre di che si trovava