Pagina:Tarchetti - Paolina, 1875.djvu/143

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paolina. 143


in quello stato di assopimento che sta tra la veglia ed il sonno, e non è nè l’una, nè l’altro, ma in cui la fantasia ha tutta la potenza del sogno e quasi la realtà della veglia.

Però il suo capo si chinò a poco a poco sul seno; il suo assopimento divenne più profondo, le braccia le si distesero come morte sulle ginocchia, la sua fronte si posò sulle pagine aperte del libro, e in quell’atteggiamento cadde in un sonno profondo. Il suo respiro, quantunque provenisse da un petto infermo, usciva regolare e tranquillo, e l’alito n’era puro e soave come quello che emana dalla bocca rosata di un bambino: i suoi capelli nerissimi, così fluenti su quelle pagine bianche, assomigliavano a quelle barbatelle lunghissime di certi fiori simbolici, che crescono presso i cimiteri, e che il vento trasporta sugli alabastri delle tombe. — La fiamma della candela guizzava ad intervalli, si sentiva quel ronzìo indistinto, confuso, che produce nell’orecchio la mancanza assoluta di ogni suono, perocchè, quantunque nevicasse, il silenzio era quasi più cupo e più malinconico. — La neve cade silenziosa, e tuttavia diresti quasi che si sente, perchè paralizzando tutta la vita della natura, si manifesta in un silenzio lugubre ed universale, e in ciò sta il motivo della sublime malinconia dell’inverno.

In quel momento la fanciulla ebbe un sogno. Pareale di tenere ancora su quello spillo il corpicciuolo annerito della falena, ed osservandolo fissamente, vi scorgeva dei moti e delle convulsioni, quasi che da quella superficie liscia ed uguale tentassero di sprigionarsi come nella crisalide le piccole antenne e le ali; ma quegli sforzi riuscivano impotenti.