Pagina:Tarchetti - Paolina, 1875.djvu/47

Da Wikisource.

paolina. 47


dore: un sorriso soave, diffuso su tutto il suo volto, ne animava le sembianze, velandole con un non so che di molle e di aereo, quale ci appare talora l’immagine graziosa e sorridente di un bambino, che, contemplandosi in uno specchio, ne abbia appannato coll’alito il cristallo. Oh! essa era tanto felice, prevedeva un avvenire così lusinghiero, che quasi si sentiva venir meno nell’idearlo; e nel sedersi, si portò una mano al cuore come per contenerne i trasporti.

Volete aprirmi, Paolina? disse Luigi a bassa voce toccando lievemente la porta. La fanciulla si riscosse e volò ad introdurre l’amante. Essa non avrebbe saputo esitare un momento nel metterlo a parte della sua felicità, onde non si erano per anco abbracciati, che già avevagli detto aver ricevuto una lettera da Parigi, e da madama Elisa, in cui erano scritte tante belle cose, tutte liete, tutte favorevoli al loro amore; per modo che (sallo Iddio come) si trovarono ad un tratto seduti vicino, vicino, colle braccia dell’una passate in quelle dell’altro, e i visi appressati, e le mani strette e riunite, mentre che Paolina gli dava lettura di quel foglio, così concepito:


 «Mia cara Paolina,

«Quanto sarete stata afflitta del mio indugio nel rispondere alla vostra lettera! Io non so darmi pace al pensiero che vi fui certamente cagione di molti dispiaceri e di molti dubbi sulla felicità del vostro avvenire; ma Dio buono! io era assente da Parigi, e prima di rispondere definitivamente