Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/174

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sangue preziosissimo per placare il padre adirato! Così parlava Domitilla Rosa, e il viso estatico, soffuso di bianchezza diafana tra la doppia lista dei capelli, si trasfigurava per la fiamma interiore dell'amor suo verso Gesù.

Vanna, sopraffatta da una tristezza senza conforto, piangeva silenziosamente, così misera, così abbandonata, che le parole di Domitilla Rosa le si avvolgevano sul capo, simili alle onde di un fiume.

Eppure la mattina dopo, svegliandosi, provò un senso nuovo di riposo e mirò innanzi a sè con mente attonita le ore della propria giornata. Non avrebbe palpitato più, non sarebbe più corsa alla finestra, spiando, a ogni suonar di passi, non avrebbe più interrogato l'orologio con occhio ansioso, non si sarebbe torturata più a inventar pretesti per allontanare Palmina, per eludere le domande ingenue di Ermanno! Ella poteva oramai lasciarsi, priva di pensieri, priva di volontà, in balìa delle circostanze; l'orologio poteva affrettarsi o ritardare, gli altri potevano uscire o tornare, tutto oramai le diventava indifferente, e tale indifferenza la teneva in una beatitudine greve, quasi in letargo. Il ricordo di Fritz Langen, tanto recente, le appariva lontano, inafferrabile, come un fazzoletto agitato da mano invisibile sulla tolda di un vapore che salpa. Il mare è vasto, il cielo è vasto e il bianco lembo che si agita è piccolo, fuggente tra quella immensità.

Fritz Langen telegrafò da Firenze, telegrafò