Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/255

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vano composte nei loro atteggiamenti secolari che una volta ancora le campane del Duomo annunziassero la resurrezione di Cristo ai cieli aperti, ai colli rinverditi, al turgido fiume, giù per la valle, agli orti popolati di nidi, ai vecchi che domandano pace, ai bimbi che domandano gioia. Le figure attendevano in religiosità e le campane si sciolsero, il buon Maurizio alzò con foga il suo martello, i seminaristi a passi celeri attraversarono la piazza, s'immersero nel portale di mezzo, e il colore violaceo delle loro sottane rimase avvolto dai fumi dell'incenso. Di fuori la trasparenza ampia, dell'azzurro primaverile, le note volanti delle campane, il gridìo ininterrotto delle rondini; di dentro, fra le navate, lo scintillio folto dei ceri, i boati possenti dell'organo, il tripudio delle voci osannanti; correva fra l'interno e l'esterno una comunione fratellevole di luci e di suoni, perocchè il sole dalla piazza inondava la chiesa per le finestre a colori e l'incenso dalla chiesa mandava le nubi de' suoi profumi.

Ermanno, aitante e fiero nel completo sviluppo de' suoi ventidue anni, era pallido, e gli occhi apparivano velati di stanchezza sotto l'arco nitido delle sopracciglia. Poco prima, dentro, la cappella del seminario, il vescovo gli aveva tolti alcuni capelli dalla fronte, dall'occipite, al disopra delle orecchie e nel centro della testa, rendendolo così tonsurato, poscia gli aveva conferito gli ordini minori: l'ordine dei portieri, a cui spetta suonar le campane, aprir la chiesa e la