Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/260

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tempo delle lezioni, acciocchè monsignore le permettesse di vedere Ermanno, che sollevava a stento le palpebre, la fissava con occhi intorbidati e cercava invano di aprire al sorriso le labbra aride.

— La tonsillite dà febbre assai alta - diceva monsignore, tenendo nelle sue una mano del giovane, mentre Vanna, curva ansiosamente verso il figliuolo, crollava il capo e gli sfiorava con dita tremanti le gote accese. Ella usciva sconvolta dall'infermeria, e monsignore, pure tentando di rassicurarla, non si sentiva tranquillo, e presenziava egli stesso le visite del medico, il quale, all'ottavo giorno, cominciò a preoccuparsi, constatando che la tonsillite era scomparsa quasi, e la febbre intanto rimaneva stazionaria. Bisognava star a vedere, e al secondo settenario si videro cose brutte; si vide che la febbre assumeva un corso regolare e che la temperatura sbalzava dai quaranta gradi ai trentasette, cedeva il mattino, risaliva al meriggio, toccava il massimo verso il crepuscolo. Non c'era più alcun bisogno di veder nulla: la malattia si caratterizzava in tifo classico, con violenti mali al capo, dolori all'addome, delirio e vomiti.

Dalla bianca stanza silenziosa della infermeria, Ermanno, inconsapevole, metteva il subbuglio in tutta Orvieto. Domitilla Rosa, oramai senza più un globulo rosso nelle vene, accendeva ceri davanti a tutte le immagini appese alle pareti della sua stanza; Serena attendeva che il