Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/30

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pata da l’ardore di redimersi, di salvarsi, abbandonando la sua volontà alla volontà vigile di monsignore; un altro giorno egli, servendosi del linguaggio simbolico dei libri sacri, le aveva inculcato che i frutti dell’eterna gioia si maturano spesso nel pianto, e Vanna aveva offerto a Dio l’olocausto delle sue pene, chiedendogli in compenso di chiamarla presto partecipe del celeste convito, ov’ella si sarebbe assisa ai fianchi della sposo, ammantato di forza e di bellezza, giovane per l’eternità, per l’eternità innamorato di lei.

Poi, a mano a mano che la disperazione s’era ammansata nell’animo di Vanna, monsignore era diventato meno loquace, e adesso egli si limitava a regolari visite di amico autorevole, sempre affettuosamente accolto, sempre rispettosamente ascoltato, sollecitato sempre di largire i suoi consigli, molto più che Gentile Monaldeschi si era fatto promettere da monsignore, in punto di morte, di vegliare sulla vedova e sull’orfanello.

Ermanno si presentò, ancora col camice che gli scendeva dai fianchi, per baciare la mano a monsignore, e Vanna lo rimproverò sorridendo:

— Come? Non hai vergogna di mostrarti così? Perchè non ti sei fatto vestire da Palmina.

Ermanno confessò che Palmina aveva insistito per vestirlo, ma che egli non aveva voluto.

— Quando verrà Serena — Ermanno spiegò — le farò vedere di essere diventato anch’io una bambina e rideremo insieme.

Monsignore gli posò la mano sul capo e lo