Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/302

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Dov'era la rassegnazione cristiana che predica il perdono dell'offesa e la dolcezza verso i nemici? No, Ermanno non perdonava a Fritz Langen, e lo avrebbe schiaffeggiato poc'anzi, se pietà di sua madre non lo avesse vinto! Povera madre, così buona, così amabile e mite! Ella era la piuma che vola ad ogni vento e il figliuolo si struggeva per lei di tenerezza accorata, resa pungente da uno sprezzo inconsapevole. Accadeva in lui una rivoluzione impreveduta, che lo disperava e gli dava gioia. Era come se gli avi lo incalzassero ed egli fuggisse per sottrarsi alla furia loro e, nel calore del moto accelerato, il lievito di mille istinti gli fermentasse: istinto di vivere, istinto di dominare, istinto di rintuzzare violenti, istinto di soffrire e godere per qualche cosa che non fosse la nebbiosità delle sue teorie, la pesantezza vacua delle disquisizioni scolastiche. Credeva fuggire dagli avi incalzanti e fuggiva invece dal suo proprio fantasma, inseguendo la propria coscienza. A un certo punto ebbe paura e si arrestò. Non lo chiamava qualcuno? Era la voce della sua infanzia candida ovvero la voce della sua adolescenza torbida? O non era forse la madre che, scorgendolo a una distanza per lei non superabile, invocava ch'egli le ritornasse? Ermanno percosse col bastone il tronco di un arboscello; i rami oscillarono; le cicale interruppero il loro alto schiamazzo. L'ubbriacatura dell'ira cedeva; ma il tumulto del sangue non voleva sedarsi. Sulla campagna le ore torride imperavano schiaccianti e il