Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/301

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ma, per la prima volta, riconobbe la responsabilità che il nome impone e sentì con orgoglio di riallacciarsi per esso ai fastigi degli avi. Quanti valorosi condottieri nella sua casata, quanti podestà seduti a consiglio nel palazzo del popolo, quanti fra i documenti adunati negli archivi portavano in rotonde lettere il nome dei Monaldeschi. E quante altere donne nella sua prosapia, per la integrità del cui onore fiumi di sangue erano corsi, rovine ed incendi avevano devastato le contrade!

Un sentimento misto di orgoglio e collera lo sollevava a simili memorie: di orgoglio per l'antichità storica del suo nome, di collera al pensiero cocente che altri avesse osato di macchiarlo. Oh! se allora egli fosse stato quello di oggi, con quale impeto si sarebbe frapposto tra la debole creatura a lui diletta, legata a lui col più sacro dei vincoli e lo straniero rapace, venuto di lontano a gettare fuliggine sopra il suo nobile casato!

Ermanno camminava a gran passi attraverso la campagna, e un furore lo sospingeva; un furore di misurarsi, di cimentarsi, di assicurarsi che il sangue in lui non era degenere, ch'egli era coraggioso e fiero, pronto ad uccidere e lasciarsi uccidere, se taluno lo insultasse o tentasse menomare la compattezza dei suoi diritti.