Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/56

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a guisa di serpi, abbarbicate in abbracciamenti osceni ai corpi villosi dei demoni tormentatori; ma tornò ben presto a riguardare affascinata, mentre le voci dei cantori osannavano e dalla cappella del Corporale si diffondevano le nubi dell'incenso bruciante nei turiboli d'oro; tornò a riguardare e fissò il gruppo isolato della bellissima donna nuda, cavalcioni sul dorso d'un demonio lascivo, che si volge cupido a rimirar la sua preda, spingendole dentro i capelli la punta del corno adunco e tenendo aperte orizzontalmente le ali a membrana per isprofondarsi nel baratro e quivi martoriare per l'eternità la bella creatura.

Un pensiero si confisse come pugnale nel cervello di Domitilla Rosa: quella donna le somigliava, ed a lei sarebbe toccata la sorte medesima. Il cuore le battè precipitoso, perchè ella si ricordò che, a sedici anni, rimaneva spesso di notte, in primavera, a noverare le stelle, canticchiando strofette d'amore. Cantava della povera inglesina:

La povera inglesina, tradita nell'amor Che va girando il mondo, cercando il traditor.

E Domitilla Rosa, a sedici anni, si figurava il traditore come un essere amabile, desiderabile e, pensando a lui, si baciava le braccia, felice di sentire il calore della sua bocca ardente sulla frescura della sua pelle nuda! Ahimè! Ahimè! Il Signore aveva certo scritto ciò nel libro di diamante,