Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/78

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proprio lei. E questa è una lettera, che arriva da lontano. Non aspetta lettere, signora?

Vanna accennava di no col capo, ma poi, ripensandoci, si ricordava di una sua cugina stabilita nel Belgio e che, forse, le avrebbe scritto.

— Vede? Vede? - esclamava Palmina trionfante. - La lettera infatti è di parentela e porta roba. Ma qui adesso c'è un superiore. Eccolo. Si convinca. Il re di bastoni è il superiore. Qui non c'è sbaglio.

— Monsignore, forse - Vanna diceva, come parlando tra sè.

— Per l'appunto, monsignore. Una lingua cattiva gli mette male contro di lei. Oh! la cattiva linguaccia! Porta lacrime. Ecco, cinque carte danno lacrime.

Vanna era punta da uno sgomento vago; ma Palmina la rassicurava, promettendole di recitare per tre sere una preghiera secreta, di effetto sicuro - poscia, raccogliendo le carte e ridiventando umilmente melliflua, insinuava che nella guardaroba c'erano alcuni oggetti di biancheria usata, indegni di toccar la pelle della signora, ma anche troppo nobili per lei, meschina.

Vanna sollevava le spalle con moto d'indifferenza, e Palmina scompariva, lasciandola sola di nuovo, più sconsolata di prima; umiliata anche, in parte consapevole della sua fiacchezza morale: ma assolutamente incapace di ribellarvisi e di riprendersi.

Tre volte per settimana, allo scoccar delle cinque,