Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/105

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ritta davanti, mentre Giovanni, comprendendo bene che la violenza avrebbe guastato ogni cosa, si era avvicinato alla finestra e aveva fatto cenno a Balbina di salire.

— Lasciami andare, nonna — ripeteva Ger mano con le labbra livide e gli scintillanti occhi neri iniettati di sangue.

Un tremito lo scuoteva e piccolissime stille di sudore gl'imperlavano la fronte presso l'attacca tura dei capelli.

— E' vero o non è vero quanto il Tebaldi asserisce? — gli domandò la signora, posandogli sul braccio la mano lunga e scarna, nel cui anu lare brillava il sottile, consunto cerchio della fede d'oro.

Germano esitò un istante, indietreggiò di al cuni passi, poi con veemenza tanto maggiore quanto più scottante era in lui l'umiliazione della menzogna cui l'obbligavano, esclamò di nuovo disperatamente:

— Non è vero! Non è vero! Colui men tisce!

— La ragazza ha confessato. — Non è possibile! La ragazza non può avere confessato quello che non è — ma le braccia, ch'egli teneva protese in avanti nell'energia della smentita, gli caddero inerti lungo la persona, e gli occhi si fissarono sbarrati verso 1' ingresso della sala, quasi per la terrorizzante apparizione di un fantasma. La vecchia signora si volse e vide entrare Bal bina, umile nel portamento, dimessa nelle vesti, con lo sguardo inchiodato al suolo e un fazzo letto bianco, accuratamente piegato, stretto nelle mani unite nel gesto remissivo di una monacella