Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/121

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alla forza che lo trascinava a ricercare le tracce dell'amore perduto; ma aveva ceduto finalmente, aveva lasciato che Flock corresse per il viottolo ben cognito, ed egli stesso aveva affrettato il passo, immemore di tutto, tranne della gioia an siosa di rivederla, d'inebbriarsi nella contempla zione di quel caro viso leggiadro, dove gli occhi azzurri splendevano a guisa di due piccoli laghi aperti fra la neve, e dove, nella fossetta del mento, ogni vezzo faceva nido. Ma gli occhi adesso erano gonfi, rossi di pianto, e la fossetta si perdeva nella contrazione delle mascelle, strette fra loro spasmodicamente.

Rimasero cosi, affascinati, ciascuno inchiodato al proprio posto, quasiché le piante dei loro piedi si fossero radicate al suolo e le radici si perdes sero nelle profondità della terra.

Flora avrebbe voluto fuggire e non poteva; Germano avrebbe voluto avvicinarsi, fissarla più da presso, ascoltar le parole che vedeva tremar senza suono sopra le labbra di lei, e non po teva avanzare, non osava nemmeno protendere la mano per un gesto supplice, invocante miseri cordia.

Flock si era accucciato ai piedi di Flora e teneva beatamente alzati verso di lei gli occhi umidi e dolci, in cui brillava tenue il riflesso della sconfinata devozione.

— Perchè sei venuto? Io ho giurato di non amarti più --- queste parole formulò il pensiero di lei, ma la bocca si rifiutò di pronunziarle, e Flora, dopo avere aperte inutilmente le labbra a più riprese, cominciò a piangere di pianto che le gorgogliava timido nella gola; e Germano non capiva bene se ella piangesse o ridesse di