Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/192

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poverina! Come se io non capissi tutto abba stanza bene. Quello che le fanno fare è indegno^ sicuramente, le fanno fare una cosa indegna — e, nell'impeto del gesto, respinse lungi da sè l'a gnellino di zucchero, che, cadendo sul pavimento, si ruppe in tanti frantumi.

Flora, superato il primo ostacolo, insisteva con accanimento, esaltandosi al suono delle proprie parole e gustando una voluttà acre nel tormen tarsi.

- Si, sì, sono stata io che ho voluto, e lei non può negarmi questo favore. La mamma non c'entra, la mamma non voleva, non accusi la mamma! Lei è ricco, tanto ricco! Mi dia mille lire, me le dia oggi, adesso, subito, e poi non me ne parli più, no, non me ne parli più! — ella esclamò in uno scoppio irrefrenabile di di sperazione; e si aggrappò a lui, non si capiva bene se per implorarlo ancora di darle la somma richiesta, o se per supplicarlo di non parlargliene mai più in avvenire.

L'onorevole prese nelle sue le mani di Flora. — Andiamo, si calmi. Certamente che io non le riparlerò di ciò che accade oggi; ma lei, dal canto suo, non accetti più di questi incarichi spi nosi. Lei non sa, lei non capisce; ma, per regola generale, non domandi mai niente a nessuno. Si lasci pregare, si lasci supplicare, ma non domandi niente a nessuno. La giovanetta divenne smorta. L'esaltazione cadeva e sorgeva in lei la coscienza nitidamente esatta della propria umiliazione. Un lembo della cortina spessa, che nascondeva per lei la realtà della vita, si squarciava brutalmente, ed ella co minciava a distinguere le cose nei loro precisi