Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/257

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tinuamente; bisognava rimanere immobile presso la culla di Romolo a contemplare con volto ra dioso il sonno di Romolo!

Flora non pensava ad uscir di casa, non pen sava, quasi, nè a mangiare, nè a dormire, assorta nella sua passione, e c'era da credere che quella esaltazione perenne le confacesse alla salute, pe rocché ella era fiorente, più tonda nelle forme, con le gote soffuse di un beH'incarnato e gli occhi sempre umidi e rilucenti.

Allorché Romolo, sazio di latte, le giaceva in grembo coi piccoli pugni chiusi, stretti vicino alle gote paffute, e con la boccuccia ancora aperta come il becco di un passerotto ingordo, Flora rimaneva in estasi; ma l'estasi si convertiva in delirio al lorché Romolo agitava nell'acqua del bagno le membra color di rosa. L'onda tepida e limpida velava di bianchezza la breve personcina, che Flora sollevava, rorida e fragrante, con esclama zioni ammirative, e che asciugava, delicatamente, sollevando le gambette e raccogliendo i pieducci nel cavo di una sola mano. Il contatto di quella cute, fresca e liscia più del marmo, le trasfondeva brividi di voluttà, e, nel passare il piumino della cipria sul corpicciuolo tondo come una palla, in terrogava con trepidazione ogni ripiegatura delle carni per assicurarsi che il tessuto ne fosse do vunque sodo e compatto.

Poi sollevava il bimbo in aria, lo teneva così sospeso nel vuoto e, chiamandolo coi più dolci e bizzarri nomi, se lo raccoglieva in seno, lo strin geva, lo copriva di baci e, accesa iu volto, vi brante di amore, guardandosi intorno per paura che qualcuno insidiasse il suo tesoro, empiva la casa della sua gioia cinguettante. E il bimbo,