Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/256

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blanditrice per ogni fibra, quando le deposero fra le braccia un piccolo involto di lini candidi, en tro cui qualche cosa d'incerto si agitava e da cui partiva una voce tremula, simile al belato di un agnellino, ma più desolatamente flebile.

Flora dischiuse le palme ad accogliere il pre zioso fardello e si depose sul cuore il piccolo es sere ignaro e debole; debole tanto che la pres sione leggera di due dita avrebbe potuto distrug gerlo.

Da queiristante ella visse selvaggiamente as sorbita e chiusa nel sentimento esclusivo della sua maternità.

Il passato era scomparso, l'avvenire scomparso. Tutto si concentrava per lei nel presente, e tntto il presente era circoscritto nella cerchia delle pic cole braccia, che si agitavano inconsapevoli verso di lei.

Il cavaliere accennò all'idea di mandare a balia in campagna il piccolo Romolo, ma Flora, dolce e docile sempre, diventò furibonda. Il bimbo era suo, l'aveva fatto lei, voleva tenerlo lei, voleva al lattarlo lei! Minacciò perfino, nella esasperazione del suo terrore, di fuggire via con Romolo, se qualcuno avesse parlato ancora di mandarlo lon tano.

Il cavaliere cedette, anche perchè il sentimento di sua moglie, quantunque esagerato, era, in fondo, un sentimento assai lodevole.

Per l'appassionata mammina le ore e i giorni volavano, senza che ella se ne accorgesse. Aveva tante cose da fare! Bisognava sfasciare Romolo e immergerlo nella tinozza; bisognava infasciare Romolo e tenerselo sulle ginocchia per cantargli la ninna nanna; bisognava saziare Romolo con-