Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/269

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in cui D'Artagnan sollevava Luigia svenuta ai piedi dell'altare per trasportarla a briglia sciolta nelle braccia del regale amante, Flora sentiva gi rar la chiave nella toppa della porta di casa e riconosceva il passo pesante di suo marito, ella provava lo stordimento che si prova, se taluno ci sveglia con brutalità da un sonno profondo.

Nascondeva il libro in fretta ed usciva dalla stanza fatata con le palpebre brucianti e le tempie che le martellavano.

Il cavaliere, sempre più pingue, si sfilava la giacca a fatica e chiamava Anna Maria perchè gli togliesse le scarpe e gli tenesse pronte le pan tofole.

Flora guardava inebetita il grosso corpo del marito sbuffante sopra una seggiola e la grossa macchia scura che faceva sul pavimento la per sona di Anna Maria, intenta all'umile ufficio di scalzare il padrone.

E un dialogo, sempre il medesimo, s'intavo lava. Il cavaliere diceva:

--- Speriamo che l'arrosto di oggi non sia fi laccioso come quello di ieri. Tutta la notte sono stato tormentato da un pezzettino di carne che mi si è cacciato dentro l'ultimo dente. Può an che darsi che il dente sia cariato e bisognerà che io vada dal dentista.

Anna Maria non aveva preparato l'arrosto; aveva preparato un buon fritto di pesce; ma il fritto era pesante per lo stomaco malandato del cavaliere, il quale domandava con acredine a sua moglie come mai non avesse tenuto conto di tale circostanza nell'ordinare il pranzo ad Anna Maria.

Flora rispondeva distratta ch'ella non aveva ordinato niente, che Anna Maria aveva disposto