Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/288

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fissava con occhio amoroso e seguitava a cin gerle col braccio la vita, mentre ella si stringeva a lui tutta tremante.

L'asinelio attendeva a testa bassa, meditando con aria profondamente rassegnata. Le lunghe orecchie pendenti si contraevano, a quando a quando, c si rizzavano a foggia di corna, se qualche insetto lo pungeva presso il muso.

Germano pose un ginocchio a terra e Flora, arrossendo di piacere per l'atto cavalleresco di lui, saltò agile in sella.

Presero il viottolo scosceso che, ombreggiato da fitti rami e tagliato quasi a picco su burroni profondi, conduce all'ingresso delle grotte.

L'asinelio scivolava sugli zoccoli ferrati, impun tandosi spesso, testardo, sulle quattro zampe riunite.

Il conducente, che teneva l'asino per la ca vezza, dava alla bestia una forte strattata; Frigarello l'incitava con male parole e il quadrupede, rispondente non si sa perchè all'alato nome di Piccione, riprendeva melanconico la sua strada.

A ogni poco Flora si aggrappava allo sprone della sella, mettendo un grido e Germano accor reva a sostenerla nei punti più perigliosi, finché il sentiero divenne più praticabile e più alto sui capi l'intricato meandro dei rami, fra cui scende vano sottili i raggi a brillar come fili di argento in mezzo alla vegetazione rigogliosa del suolo.

In quale de' suoi prediletti romanzi Flora aveva veduto qualche cosa d'identico in una vignetta?

Una dama che cavalca; un palafreniere che tiene le briglie della fedele giumenta riccamente bardata, un cavaliero innamorato che cammina a fianco della bella; uno sgherro che sorveglia la piccola comitiva colta in qualche imboscata.