Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/295

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intento a figurarsi la casa bianca tanto cambiata» poi chiese distratta:

— Chi è adesso il proprietario della casa bianca?

— Mia moglie. Flora impallidì e il massiccio cucchiaio cadde sul tavolo con lungo tinnìo. Germano, pentito della sua risposta impulsiva, se la prese col cameriere, dicendogli con ira che il vino della bottiglia non era Chianti nè vecchio, nè nuovo. Quando il cameriere si fu allontanato, egli servì Flora e, mangiando lentamente, cominciò a parlare. Era stata un'idea di Balbina, la quale aveva voluto investire la sua dote nell'acquisto della casa bianca. Egli non aveva potuto opporsi e, in verità, Balbina aveva concluso un affarone. I cre ditori, nella furia di realizzare, avevano ceduto lo stabile per poche migliaia di lire e la casa va leva adesso il triplo della somma impiegata nel l'acquisto. D'altronde Balbina aveva preso le re dini dell'azienda e bisognava lasciarla fare. Tante seccature di meno non è vero? Ma, intendiamoci, il padrone rimaneva sempre lui, e quando voleva un biglietto da cento, o anche da cinquecento, non aveva che a domandarlo. Balbina glielo conse gnava subito, limitandosi a voler conoscere l'im piego di quel danaro. Vedendo che Flora rimaneva triste, senza man giare, volle farla ridere. — Perchè stai melanconica? Pensa che se ci fossimo sposati, a quest'ora non si proverebbe più nessun gusto a trovarci assieme; e invece, in questo momento, io sono l'uomo più felice della terra. Che t'importa di Balbina? Che t'importa