Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/80

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che, verso il crepuscolo, si avanzava a grandi passi, col cappellaccio di paglia calato sugli occhi e in mano un giornaletto incendiario, letto da lui con meditazione concentrata.

Germano gli si avvicinava come se niente fosse, e, mentre il dottore ripeteva ad alta voce i brani di qualche articolo di suo gusto, il giovane gli lasciava destramente cadere la lettera nell’ampia tasca della giacca.

Il dottore sarebbe diventato furibondo se si fosse accorto della soperchieria; eppure, appena giunto presso il letto dell’inferma, le offriva sbadatamente il modo di frugargli nella tasca con la furtiva manina scottante e di ritrarne la lettera, che era per Flora la più refrigerante delle bevande e la più benefica delle pozioni.

Quando poi Flora s’impazientiva per il lento procedere della malattia e contava sulla punta delle dita il numero delle settimane già trascorse a letto, il dottore saltava su tutte le furie e domandava a Flora perchè ella non si scrivesse da sè una ricetta miracolosa che inducesse il tifo a correre come un levriere, anziché camminare a passi di tartaruga.

— Ma il tifo — egli gridava, gonfiando le gote e agitando in avanti le braccia — se ne ride di medici e medicine; il tifo prende le cose con tutto suo comodo, e nessuna barba di professore è mai giunta a farlo sloggiare prima del tempo! — e se ne andava, pensando che quell’animale di Germano doveva avere scritto una lettera troppo breve, dal momento che Flora trovava lunghi i giorni della malattia.

Ma le lettere di Germano non erano mai brevi, e Flora sapeva d’altronde disporre del contenuto