Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/85

Da Wikisource.

magrezza del viso, dove i profondi, limpidi oc chi cerulei brillavano di un riso tenue, come due piccoli laghi aperti fra la neve e in cui il cielo si rispecchi.

Germano la contemplava estatico. Quel tanto di poesia che ciascun essere umano porta con sè, quasi retaggio di vita anteriore più armoniosa e più pura, palpitò allora nell'anima di Germano, ed egli conobbe il brivido divino onde l'ideale inebbria le vene, quando esso fol gora dalle sue regioni inesplorate, balena e di legua, lasciando dietro di sè odore quasi di am brosia. Il giovane non ebbe coraggio di avvicinarsi a Flora. Temeva che ella fosse morta, che quella par venza immacolata fosse lo spirito di lei e che, al menomo moto, si facesse vapore e svanisse a confondersi con la trasparente lucentezza del1' aria. — Germano — ella mormorò, e la voce di lei era fievole — Germano, ho paura di cadere. Germano si divincolò dalla stretta del vecchio, che rimase barcollante in mezzo alla sala, e corse a Flora per sorreggerla. Le circondò l'esile corpo con le braccia, ma senza toccarla, timoroso di farle male, forse di spezzarla, tanto ella gli ap pariva fragile. ·--- Sono molto brutta? — ella chiese, e, nella interrogazione, il sorriso errò per le care labbra scolorite e si arrestò, annidandosi nella cupa fos setta del mento. Egli non poteva rispondere; le cadde in gi nocchio davanti e, ruppe in singhiozzi affannosi. Flora sapeva di essere amata appassionata-