Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/98

Da Wikisource.

Giovanni non sapeva, o sapeva molto confusamente, che quelli erano i trisavoli di Germano e che la bella signora dai capelli gemmati e il bel gentiluomo dalle vesti gallonate erano due avanzi del gran naufragio napoleonico, di quel naufragio immane che, durante alcuni anni, aveva lanciato rottami per ogni spiaggia di Europa.

Egli ciò ignorava; ma quei due ritratti e l'ar redo arcaicamente sontuoso della sala aprivano uno sfondo abbagliante e coreografico alla ridda vertiginosa de' suoi recenti sogni di ambizione.

Il Tebaldi dunque non ebbe bisogno di fingere per assumere un atteggiamento pieno di ossequio all'apparire della vecchia signora Rosemberg, la quale si avanzò col suo fare bonario e affret tato di persona che vuole mostrarsi gentile, ma che non ha tempo da perdere in chiacchiere oziose.

— Buon giorno, caro signor Tebaldi — ella disse, offrendo una seggiola al visitatore e fa cendo tinnire, nella rapidità dell'atto, il grosso mazzo di chiavi che ella teneva appese alla cin tola e che luccicavano sopra la seta nera del grembiale.

— Buongiorno, buongiorno, carissima signora — rispose Giovanni, attratto irresistibilmente dalle chiavi garrule luccicanti.

Quanti gioielli, quanti rotoli di fina tela, quante bottiglie di vino vecchio, quante leccornie, quante conserve e quanti bei biglietti da cento dovevano custodire quelle chiavi così allegre e chiacchie rine! Alcune erano snelle e lunghe, di forma pri mitiva, altre erano brevi e massicce, altre civet tuole, aggraziate, con certi dentini così forti ed aguzzi da far pensare alla serratura complicata