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TORQUATO TASSO

stata di maggior forza in me la mia naturale inclinazione, il desiderio di farmi conoscere (il che forse piú facilmente succede per lo mezzo de la poesia, che per quello de le leggi) e Pesortazioni di molti amici miei; cominciai a dar effetto al mio pensiero, cercando di tener quello ascoso a mio padre: ma non era giunto anco di grande spazio a quel termine che ne la mente proposto m’avea, ch’egli ne fu chiarissimo; ed ancorché molto li pesasse, pure si risolvè a la fine di lasciarmi correre dove il giovenil ardore mi trasportava. Si che avendo ne lo spazio di dieci mesi condotto a fine questo poema (come il signor Tommaso Lomellino, gentiluomo onoratissimo e di pulitissimi costumi, ed altri molti render ne possono testimonio), e mostrandolo a i datissimi signor Molino e Veniero, il valor de’ quali supera di gran lunga la grandissima fama; fui da loro esortato caldamente a darlo fuori: e si può veder una lettera del predetto signor Veniero, scritta in questa materia a mio padre, il quale senza l’autoritá ed il parere di questi dottissimi e giudiziosissimi gentiluomini non m’avrebbe giammai ciò permesso; ancorché dal Danese e dal Pavese, il giudizio dei quali è però da lui molto stimato, ne gli fosse prima stato scritto, non avendo egli veduto se non parte de l’opera mia. Viene dunque il mio Rinaldo a dimostrarsi al vostro cospetto, sicuro sotto lo scudo di tali autoritá da l’arme de le maldicenze altrui./, Pregherò ben voi, gentilissimi lettori, che lo vogliate considerare come parto d’un giovinetto, il qual se vedrá che questa sua prima fatica grata vi sia, s’affaticherá di darvi un giorno cosa piú degna di venir ne le vostre mani, e che a lui loda maggior! possa recare.*Né credo che vi sará grave che io, discostatomi al; quanto da la via de’ moderni, a quei migliori antichi piú tosto mi sia voluto accostare: ché non però mi vedrete astretto a le piú severe leggi d’Aristotile, le quali spesso hanno reso a voi poco grati que’ poemi che per altro gratissimi vi sarebbono stati; ma solamente quei precetti di lui ho seguito, i quali a voi non toglionoil diletto^ com’è, l’usare spesso gli episodi, ed, introducendo a parlar~altri,’spogliarsi de la persona di poeta, e far che vi nascano le agnizioni e le peripezie, o necessariamente o verisimilmente, e che vi siano i costumi e il discorso espressi.tíT ben vero che ne l’ordir il mio poema mi sono affaticato ancora un poco in far si che la favola fosse una, se non strettamente, almeno largamente considerata; e ancora ch’alcune parti di essa possano parere oziose, e non tali, che, sendo tolte via, il tutto si distruggesse, si