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154 TRAGEDIA NON FINITA
Che nuoce a chi ’l possiede, ed a chi ’l mira:

Il qual vergine saggia anzi dovrebbe
Celar, che farne ambiziosa mostra.
Filena La bellezza, figliuola, è proprio bene,
E propria dote del femmineo stuolo,
Com’è proprio degli uomini il valore.
Questa, in vece d’ardire , e di eloqueuza,
E di sagace ingegno, a noi natura
Diede, più liberale in un sol dono,
Ch’in mill’altri, ch’a’ maschi ella dispensa.
Con questa superiamo i valorosi,
I facondi, e gl’industri: e son le nostre
Vittorie più mirabili, che quelle,
Onde va glorioso il viril sesso;
Perchè i vinti da lor son lor nemici,
Ch’odiano la vittoria, e i vincitori:
Onde i vinti da noi son nostri amanti,
Ch’aman le vincitrici, e lieti sono
Delle nostre vittorie. Or s’uomo è folle,
S’egli ricusa di fortezza il pregio;
Folle stimar devi colei non meno,
La qual rifiuti il titolo di bella.
Rosmon. Io piuttosto credea, che doti nostre
Fossero la modestia, e la vergogna,
La pudicizia, e la pietà divota:
E micredea, ch’un bel silenzio in donna
Agguagliasse le lodi de’ facondi.
Ma se pur la bellezza è così cara,
Come tu dici, ella è sol cara in quanto
Di queste altre virtù donnesche è fregio.
Filena Se fregio è, dunque esser non dee negletto.
Rosmon. Se d’altri è fregio, adorna è per se stessa:
E benchè tale a mio parer non sono,
Come giudichi tu, che mi rimiri
Collo sguardo di madre, ornar mi debbo,
Per esser se non bella, almen ornata:
E lo farò non per piacer ad uomo,
Ma per piacer a te, delle cui voglie
ragion, ch’a me stessa io faccia legge.
Filena Saviamente ragioni: ed a me giova
Sperar, che tale al peregrino Eroe
Parrai, quale a me sembri; ond’ei sovente
Dirà fra se medesmo sospirando: