Pagina:Tasso, Torquato - Il Re Torrismondo, Pisa, 1821.djvu/17

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ATTO PRIMO 13

E pur anco s’indugia: ed io frattanto
(Deggio ’l dire, o tacer?) lassa, mi struggo
Come tenera neve in colle aprico.

NUTRICE

Regina, come or vano il timor vostro,
E ’l notturno spavento in voi mi sembra,
Così giusta cagion mi par che v’arda
D’amoroso desio: nè dee turbarvi
Il vostro amor; chè giovanetta donna,
Che per giovane sposo al cor non senta
Qualche fiamma d’amor, è più gelata,
Che dura neve in orrida alpe il verno.
Ma la santa onestà temprar dovrebbe,
E l’onesta vergogna ardor soverchio,
Perch’ei s’asconda a’ desiosi amanti.
Ma non sarà più lungo omai l’indugio,
Chè già s’aspetta qui, se ’l vero intendo,
Della Suezia il Re di giorno in giorno.

ALVIDA

Sollo, e più la tardanza ancor molesta
M’è per la sua cagion. Così vendetta
Veggio del sangue mio? così del padre
Consolar posso l’ostinato affanno?
E placar del fratel l’ombra dolente?
Posso, e voglio così? non lece adunque
Premere il letto marital, se prima
A noi d’Olma non viene il Re Germondo,
Di tutta la mia stirpe aspro nemico?

NUTRICE

Amico è del tuo Re; nè dee la moglie
Amare, e disamar col proprio affetto,
Ma colle voglie sol del suo marito.