Pagina:Tasso, Torquato - Il Re Torrismondo, Pisa, 1821.djvu/23

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ATTO RPIMO 19

Contra voi stesso, e sì v’aggravi, e turbi;
Chè di lungo silenzio è grave il peso
In sofferendo, e col soffrir s’innaspra,
Ma si consola in ragionando, e molce.
Ed uom, ch’alfin deporre in fidi orecchi
Il nojoso pensier, parlando, ardisca,
L’anima alleggia d’aspra e dura salma.

TORRISMONDO

O mio fedele, a cui l’alto governo
Di mia tenera età conceder volle
Il Re mio padre, e Signor vostro antico,
Ben mi ricordo i detti, ei modi, e l’opre,
Onde voi mi scorgeste; e quai sovente
Mi proponeste ancor dinanzi agli occhi,
D’onestà, di virtù mirabil forme,
E quai di Regi, o di guerrieri esempj,
Che nell’arti di pace, o di battaglia
Furon lodati; e qual acuto sprone
Di generosa invidia il cor mi punse;
E qual di vero onor dolce lusinga
invaghirmi solea. Ma troppo accresce
Questa dolce memoria il duolo acerbo,
Chè quanto io dal sentier, che voi segnaste,
Mi veggio traviato esser più lunge,
Tanto più contra me di sdegno avvampo.
E s’ad alcun fra quanti il Sol rimira,
O la terra sostiene, o ’l mar circonda,
Per vergogna celar dovessi il fallo,
Esser voi quel dovreste: alti consigli
Da voi già presi, e poi gittati, e sparsi.
Ma ’l vostro amor, la fede un tempo esperta,
L’etate, e ’l senno, e quella amica speme,
Che del vostro consiglio ancor m’avanza,