Pagina:Tasso, Torquato - Il Re Torrismondo, Pisa, 1821.djvu/25

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ATTO PRIMO 21

Da’ nemici acquistate e da’ tiranni;
Onde sovente in perigliosa guerra
Egli scudo mi fe del proprio petto,
E mi sottrasse a dispietata morte:
Ed io talor, laddove Amor n’agguaglia,
La vita mia per la sua vita esposi.
Ma, dappoichè moriro i padri nostri,
Sendo al governo de’ lasciati Regni
Richiamati ambedue, gli officj e l’opre
Non cessàr d’amicizia; anzi disgiunti
Di loco, e più che mai di core uniti,
Cogliemmo ancor di lei frutti soavi.
Misero, or vengo a quel, che mi tormenta.
Questo mio caro e valoroso amico,
Pria che facesse elezione e sorte
Noi dell’arme compagni e degli errori,
Trasse in Norvegia alla famosa giostra,
Ond’ebbe ei poscia fra mill’altri il pregio.
Ivi in sì forte punto agli occhi suoi
Si dimostrò la fanciulletta Alvida,
Ch’egli sentissi in sulla prima vista
L’alma avvampar d’inestinguibil fiamma.
E bench’ei far non possa, o non ardisca,
Che fuor traluca del suo ardor favilla,
Che dagli occhi di lei sia vista, e piaccia;
Nondimen pur nudrì nel core il foco.
Nè lunghezza di tempo, o di cammino,
Nè rischio, nè disagio, nè fatica,
Nè veder nuovi regni, e nuove genti,
Selve, monti, campagne, e fiumi e mari,
Nè di nuova beltà nuovo diletto,
Nè, s’altro è, che d’Amor la face estingua,
Intepidiro i suoi amorosi incendj.