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Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/126

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120 la secchia rapita


15
     Salinguerra, ch’i suoi vede fuggire
dal nemico valor che gli sbarraglia,
ferma la spada in atto di ferire,
e dice al conte: — Tua bontá mi vaglia,
sí che la gente mia possa seguire
tanto ch’io la rivolga a la battaglia;
ché s’io resto qui sol cinto da’ tuoi,
né tu meco pugnar con laude puoi. —
16
     Voluce rispondea: — Signor marchese,
è morto Orlando, e non è piú quel tempo,
ma per non vi parer poco cortese,
se volete fuggir, voi siete a tempo.
Seguite pur, ch’io non farò contese,
la gente vostra, e non perdete il tempo,
perché mi par che corra come un vento;
ma vo’ venir anch’io per complimento. —
17
     — Oh questo no, rispose Salinguerra,
io non partirò mai, s’ella non resta. —
E in questo dire un colpo gli diserra
a mezza lama al sommo de la testa.
Perdé le staffe e quasi andò per terra
il conte a quella nespola brumesta;
strinse le ciglia, e vide a un punto mille
lampade accese e folgori e faville.
18
     Allora Salinguerra il tempo piglia,
sprona il cavallo, e si dilegua ratto,
e lá dove Manfredi i suoi scompiglia,
d’ira avvampando e di furor s’è tratto:
grida, rampogna, e or questo e or quel ripiglia,
mena la spada a cerco, e a chi di piatto,
a chi coglie di taglio, a chi minaccia;
e non può far ch’alcun volga la faccia.