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Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/159

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canto ottavo 153


71
     Lucrezia venne in sala ad incontrarlo
con la conocchia senza servidori;
tutta lieta venía per abbracciarlo,
ma vedendo con lui tanti signori,
trasse il pennecchio, ché volea occultarlo,
e dipinse il bel volto in que’ colori
ch’abbelliscon la rosa, e fe’ chiamare
le donne sue che stavano a filare.
72
     Di consenso comun la regia prole
diede il vanto a costei di pudicizia.
Dormiron quivi, e a lo spuntar del sole
ritornarono al campo e a la milizia.
Ma la bella sembianza e le parole
rimasero nel cor pien di nequizia
del fiero Sesto, un de’ fratelli regi,
e le caste maniere e gli atti egregi.
73
     Onde il dí quinto ripassando il monte
tornò a Collazia sol, lá dov’ella era;
e giunto a rimbrunir de l’orizonte
disse ch’ivi alloggiar volea la sera.
La bella donna, non pensando a l’onte
ch’ei preparava, gli fe’ lieta ciera.
La notte il traditor saltò del letto,
e a la camera sua corse in farsetto.
74
     E la porta gittò mezzo spezzata,
entrando col pugnal ne la man destra.
Quivi una vecchia, che dormía corcata
in un letto di vinco e di ginestra,
incominciò a gridar da spiritata,
ond’ei la fe’ balzar per la finestra:
ed a Lucrezia, che facea schiamazzo,
disse: — Mettiti giuso, o ch’io t’ammazzo. —