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266 l'oceano



4
     Un fresco venticel da terra usciva,
ch’invigorando il cor de’ naviganti
faceva di lontan fuggir la riva
e da tergo sonar l'onde spumanti.
Era ne la stagion che l’alba apriva
cinta di rose il cielo e d’amaranti,
e affacciata al balcon de l’oriente
parea languir mirando il sol nascente.

5
     Salutavan le trombe il nuovo giorno,
e i delfini a scherzar correan su l'onde.
Sedeva in poppa il capitano, e ’ntorno
cinto de’ suoi piú degni eran le sponde.
Ei con parlar ferocemente adorno
e con voci magnanime e faconde
diceva loro: — Oggi, compagni, è il punto,
che ’l nostro sole a l’oriente è giunto.

6
     Oscura abbiamo e neghittosa vita
fin qui dormito, or s’incomincia l’ora
che fuor de la vulgar nebbia infinita
usciamo al dì lucente; ecco l’aurora.
Questa via, ch’altri mai non ha piú trita,
vi conduco a solcar del mondo fuora,
a ciò che fuor de la comune schiera
usciate meco a fama eterna e vera.

7
     E s’alcuno di voi con maggior cura
d’oro e di gemme a faticar s’invoglia,
io spero di trovar tale avventura
che ne potrá saziar ogni sua voglia.
Che la via che facciam non sia sicura
il vedermi con voi dubbio vi toglia;
ché pazzo è chi desia per cangiar sorte
d’espor se stesso a temeraria morte. —