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Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/278

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272 l'oceano



28
     Ma non s’offerse cosa ai riguardanti
piú gradita da lor né piú gioconda,
ch’un vezzoso drappel di ninfe erranti
che gian danzando in fra le piagge e l’onda.
Come alzaron la vista ai naviganti,
s’imboscâr tutte a la piú chiusa fronda:
solo ritenne il piede una di loro,
e da l’arco avventò due strali d’oro.

29
     Parve Cintia costei, ch’a vendicarse
del temerario ardir fosse restata:
folgoraron le chiome a l’aura sparse
e la faretra d’oro ond’era armata;
e ’n succinto vestir leggiadra apparse,
bianca la gonna, e ’l vago piè calzata
d’aurei coturni, e ne la faccia bella
qual tremolante e mattutina stella.

30
     E volgendo a le navi i lumi irati,
— E chi, gridò, cotanto ardir vi diede?
uomini vili a le miserie nati,
tenete fuor di questa riva il piede.
Qui solo hanno gli eroi fatti beati
e le ninfe immortali albergo e sede. —
E ’n questo dir scoccando il terzo strale,
ratta si rinselvò come avesse ale.

31
     Poi che sparita fu la bella arciera,
stette sospeso il capitano un poco,
se doveva smontar su la riviera
o procacciarsi porto in altro loco.
Stimando al fin che de la donna altera
fossero i gesti e le parole un gioco,
per ristaurar le navi in terra scese
co’ suoi compagni e un padiglion vi tese.