Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/322

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316 rime


     Buon prò’ gli faccia, e vestano a lor posta
all’usanza spagnuola: io piú m’inturco,
e mia mente fia sempre a Spagna opposta
     e prima che spagnuol mi farò turco.

XXXVI

La Corte di Roma.

     La Corte è un arsenale ed una stanza
di cancheri, d’affanni e di dolore,
ove sempre si vive a crepacuore,
benché mai non si mangi a crepapanza.
    È Corte una lunghissima speranza,
Corte non ha né cortesia né amore;
ivi son due sorelle a tutte l’ore,
pochissima pietá, manco pietanza.
     Dovea Satan, se volea disperato
Giobbe vedere e di lui fare acquisto,
metterlo in corte di qualche prelato.
     Chi entra in corte, vi diventa tristo:
entra san Pietro in corte di Pilato
solo una volta, e vi rinnega Cristo.

XXXVII

     Era nato tra i santi in ciel bisbiglio
che in Modana faceva un gran rumore,
perché i conservator stando a consiglio
contendevan tra lor d’un cacatore.
     Faceva allora Modana in onore
un tempio de la vergine e del figlio;
ivi, un cesso vicin col suo fetore
mettea quella gran fabbrica in scompiglio.
     S’alzò adirato san Bartolomio
e disse: — In fabbricar la nostra chiesa
abbiam potuto san Vincenzo ed io