Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/358

Da Wikisource.
352 nota

figurare eseguita in Lione a istanza di Onorato Claretti e per cura di Alessio Balbani. In essa comparivano giá i due canti aggiunti e il poema aveva ormai assunta la sua forma generale quale gli fu poi conservata dall’autore. Non è il caso di ricordare qui gli accidenti in seguito ai quali le speranze del Tassoni furono anche una volta frustrate e la falsa edizione di Lione non vide mai la luce. Ma quello che non potè esser fatto nel 1619 ebbe finalmente il suo compimento tre anni dopo, quando uscì la prima edizione parigina del 1622, o, per essere piú esatti, quando vennero successivamente fuori le tre stampe del 1622 (due di Parigi e una contraffazione veneta) pubblicate sotto il falso nome di Androvinci Melisone1. Il poema per altro adombrò la Curia Romana e giá sulla metá del 1622 correva voce che la Secchia dovesse essere proibita o almeno sospesa: difatti il 6 agosto di quell’anno la Sacra Congregazione dell’Indice emanava il suo decreto di soppressione, e una settimana dopo, il 13 agosto, il cardinale Barberini ne dava annuncio a tutti quelli cui spettava curarne l’esecuzione, ordinando nello stesso tempo «di non pubblicare et stampare in modo alcuno tal soppressione, non giudicando questi illustrissimi miei Colleghi, per degni rispetti, ciò espediente». E, a lode del vero, il Tassoni non ne ebbe noie, almeno gravi; pare non ricevesse nemmeno comunicazione dei luoghi incriminati: ritoccò tuttavia qua e lá l’opera propria, qualche ottava aggiunse, qualche altra modificò, qualcuna anche soppresse; ed eccoci alla famosa edizione di Ronciglione [Roma] del 1624, seguita dal Barotti e dopo lui da tutti gli altri, compresi i moderni, sino all’edizione del Nascimbeni negli Scrittori nostri del Carabba e alla mia nei Classici del ridere del Formiggini.

Se non che l’edizione di Ronciglione è duplice. Il testo della Secchia, anche come era stato corretto ultimamente dal Tassoni, non soddisfaceva in tutto il Papa, il quale notò alcuni luoghi relativi a fatti o persone di Chiesa, che gli parvero irriverenti, e li volle mutati. «Nostro Signore — scriveva il Poeta al canonico Sassi il 25 settembre 1624 — ha voluto legger la Secchia, e ora vorrebbe che si mutassero alcune parole, come il piviale e il pastorale. Non so che faremo.» Ma quello che il Tassoni ha fatto, lo sappiamo noi. Per ingraziarsi il Papa e fare che il suo poema avesse libero

  1. Cfr. Giorgio Rossi, Saggio di una bibliografia ragionata delle opere di A. Tassoni, Bologna, Zanichelli, 1908, pp. 53-60.