Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/359

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nota 353

corso, mostrò di obbedire, menando vanto per la degnazione somma che il Pontefice s’era compiaciuto di avere correggendo l’opera. «È favore particolare dell’opera — scriveva1 — che sia stata riveduta e corretta da un Papa. Io non so se ci sia memoria d’altro libro da centinaia d’anni in qua»; ma nel fatto giocò, col dovuto rispetto, il Papa prima, i critici poi; perché soltanto alcune copie ormai rarissime dell’edizione con la falsa data di Ronciglione portano il testo corretto come lo volle il Pontefice, tutte le altre invece conservarono il testo nella lezione che gli aveva dato l’autore. Cosí che capisco benissimo che la reverenza delle somme chiavi e gli argomenti persuasivi della Inquisizione abbiano consigliato nel 1744 il Barotti a considerare come autentica la edizione fatta secondo le intenzioni pontificie; ma noi, criticamente parlando, credo dobbiamo considerare autentica soltanto l’edizione fatta secondo le intenzioni dell’autore: tanto è vero questo che quando l’anno dopo, nel 1625, fu ristampata la Secchia a Venezia, il Tassoni volle che fosse riprodotto il testo quale l’aveva voluto lui e non come era piaciuto a Urbano VIII. Ma nemmeno l’edizione veneziana del 1625 può essere considerata come definitiva. È noto che su un esemplare di questa edizione il Tassoni aggiunse le note che uscirono poi col nome di Gaspare Salviani2; e che questa copia accomodata secondo le intenzioni ultime dell’autore è quella che servi di originale all’edizione veneta del 1630, ultima fatta lui vivo. È appunto questa edizione stampata a Venezia nel 1630 da Giacomo Scaglia, e soltanto questa, che si deve considerare definitiva e deve essere riprodotta da chiunque si accinga a dare una nuova edizione della Secchia, corretti soltanto i materiali errori di stampa, che non sono pochi, e ammodernata prudentemente l’ortografia e l’interpunzione. Questo e non altro3.

Ma il compianto Nascimbeni, che fu uno dei piú acuti e sagaci conoscitori di cose tassoniane, d’accordo con me che è erroneo porre a fondamento di un’edizione della Secchia rapita il

  1. Lettere cit., vol. I, p. 304. Al can. Sassi, 26 ott. 1624.
  2. Cfr. Giorgio Rossi, Gaspare Salviani e le sue «Dichiarazioni» a «La Secchia rapita», in «Studi e ricerche tassoniane, Bologna, Zanichelli, 1904, pagine 223-254.
  3. Non sará fuori di luogo l’avvertire qui in nota che l’ortografia, anche negli autografi tassoniani, è oltremodo oscillante, e che non sempre uniformi sono le istruzioni date dal Tassoni a chi doveva sovraintendere alla stampa delle sue opere.