Pagina:Teofrasto - I Caratteri.djvu/64

Da Wikisource.

il filosofo teofrasto

merati, di tracannar vino e non già di stare a convito con gli amici». Lo stile di Aristone non è sfacciato, come lo stile di Satiro; ma è semplicissimo e casto come lo stile di Teofrasto, degno anch’esso d’essere mentovato come esempio di spontaneità e vivezza. Se dunque una prova occorresse a dimostrar che l’operetta teofrastea era apparsa in pubblico e stata letta così come noi oggi la leggiamo, la prova ce la dà Aristone di Chio; ed essa è tale che nessuno saprebbe oggimai revocarla in dubbio. Qualunque cosa debbasi conchiudere intorno ai precedenti aristotelici dell’etica di Aristone, è in ogni caso certo ch’egli ha sentito profondamente l’efficacia dell’operetta di Teofrasto.

La sua descrizione del maleducato ricorda la descrizione dello sgarbato in Teofrasto; e così pure ci richiamano al carattere del superbo in Teofrasto alcuni particolari che in Aristone sono propri del maleducato, dell’ostinato o del sapientone, i quali, come abbiamo già detto, sono vizi affini o sottospecie del superbo. Anche l’ipocrita che tende a gabbare, anche chi per temperamento è facile all’ira, l’iracondo, anche lo sprezzante sono difetti che Aristone definisce in breve come sottospecie della superbia. Ed è notevole ch’egli per caratterizzar l’ipocrita ricorra al vocabolo nuovo o quasi nuovo semnocopos, allo stesso modo che per il sapientone crea il vocabolo panteidemon «sa tutto», che Aristotele e Teofrasto non conoscono e che più tardi il purista Polluce cercherà di biasimare. Studioso davvero intelligente dell’etica descrittiva, Aristone non si è limitato a studiar soltanto gli aspetti della superbia, fra i quali classifica anche il vizio della dissimulazione e della millanteria, ma altrove, in altre opere, si è anche preoccupato di descriverci il tipo di chi ama d’esser lodato coniando per esso il vocabolo philepainos. Egli era poi così spiritoso che merita d’esser citato quel che Plutarco scrive a proposito del caccianaso inframmettente: I venti più molesti son quelli che scoprono le nostre vesti, come dice Aristone: ma l’inframmettente non scopre soltanto le vesti e la camicia del suo prossimo, ma apre le finestre e spalanca le porte, e s’insinua e caccia anche a traverso il cuore delle vergini tenerelle con la foga del vento, e scruta e spia per le feste e danze e le notturne cerimonie»; e


56