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FRANCESCO PETRARCA

          ‘ Quant’io soffersi mai, soave e leve,
               Dissi, ni’ ha fatto il parlar dolce e pio;
               186Ma ’l viver senza voi m’è duro e greve.
          Però saper vorrei, Madonna, s’io
               Son per tardi seguirvi, o se per tempo.’
               189Ella, già mossa, disse: ‘ Al creder mio,
          Tu stara’ in terra senza me gran tempo.’


FAZIO DEGLI UBERTI

91 1305-†1368
I
O guardo fra l’erbette e per li prati,

E veggio isvarïar di più colori
               Gigli, vïole e fiori
               Per la virtù del sol che fuor li tira.
               5E son coperti i poggi, ove ch’io guati,
               D’un verde che rallegra i vaghi cori;
               E con soavi odori
               Giunge l’orezza che per l’aere spira;
               E qual prende e qual mira
               10Le rose, che son nate in su la spina,
               E così par ch’Amor per tutto rida;
               E ’l desìo che mi guida
               Però di consumarmi il cor non fina;
               Nè farà mai, s’i’ non veggio quel viso
               15Dal qual più tempo stato son diviso.
          Veggo gli augelli a due a due volare
               E l’un l’altro seguir tra gli arboscelli,
               Con far nidi novelli,
               Trattando con vaghezza lor natura.
               20E sento ogni boschetto risonare
               De’ dolci canti lor, che son sì belli
               Che vivi spiritelli

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