Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/143

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94 parte

circum axem se summa celeritate convertat, et torqueat, eadem efficit omnia quasi stante terra coelum moveretur (Acad. Qu. 54, n. 39). Ma o fosse Pittagora stesso, o Iceta Siracusano, o qualunque altro della setta italiana di Pittagora, dovrassi sempre accordare all’Italia nostra un tal vanto di avere fin da’ più antichi tempi ritrovato un sistema cui tante ragioni ed esperienze hanno poi a’ nostri tempi sì evidentemente confermato e dimostrato. Gli errori da cui questo sistema fu allora guasto, voglionsi attribuire o a quella oscurità in cui un nuovo sistema rimaner suole comunemente, finchè con più attente osservazioni non venga illustrato; o forse anche all’ignoranza de’ posteri scrittori, i cui soli libri sono a noi pervenuti, che i pensieri degli antichi filosofi esprimer non seppero con giustezza e precisione. Intorno a che puossi vedere il più volte citato Montucla, che le astronomiche opinioni de’ Pittagorici ha diligentemente esaminate. Osserva egli ancora che l’aritmetica ricevette da’ Pittagorici accrescimento e fama, e ch’essi usarono di cifre a quelle somiglianti, che a noi poscia dagli Arabi furono tramandate; e per ultimo svolge egli e rischiara i ritrovati di Pittagora in ciò che alla musica appartiene. E benchè egli sembri rivocare in dubbio il celebre fatto della bottega del ferraio, in cui vuolsi che le prime osservazioni sul suono facesse Pittagora, non gli toglie però la gloria di averne il primo osservate e determinate le proporzioni. Quindi a ragione conchiude M. Dutens che pochi filosofi conta l’antichità, che abbiano avuto altrettanto