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Morte di Archimede. XXVIII. Checchessia di tal fatto, l’assedio di Siracusa fu ad Archimede fatale. Presa finalmente la città da’ Romani l’an. di Roma 542, mentre i furiosi vincitori qua e là scorrevano saccheggiandola, un soldato avvenutosi in Archimede, che senza punto turbarsi all’universale sconvolgimento della città stavasi tutto intento alle usate sue speculazioni, brutalmente lo uccise. Varie sono presso i varii scrittori le circostanze del fatto; ma poco giova indagarle, certa essendone la sostanza. Marcello general de’ Romani ne ebbe, e ne mostrò pubblicamente dolor grande. Fu ad Archimede conceduto l’onor del sepolcro, quale l’aveva egli desiderato. Ma questo sepolcro medesimo era ito in dimenticanza più di 100 anni dopo, quando Cicerone andò questore in Sicilia. Narra egli stesso (Tusculan. Quaest. l. 5) in qual maniera gli venisse fatto di scoprirlo a’ Siracusani, i quali tanto ne avean perduta ogni memoria, che assicuravano il sepolcro di Archimede non esser certamente tra loro. Così un Romano riparò in certo modo l’ingiuria che questo valentuomo avea da un altro Romano ricevuta. Ad alcuni han data noia in questo racconto di Cicerone quelle parole humilem homunculum, con cui

    Antemio da Tralle, autore del v secolo, estratto dai MSS. della real Biblioteca di Parigi, il quale spiega assai ingegnosamente per qual maniera Archimede potesse cogli specchi ardenti incendiare le navi romane. Questo è un nuovo argomento a provare la possibilità del fatto, ma non già a mostrarne la probabilità nelle circostante di sopra accennate.