Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/434

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LIBRO TERZO 385 lasciamo stare e il salire a’ più alti onori della Repubblica , che fe’ Cicerone , uomo nuovo, come egli stesso si chiama, cioè il primo di sua famiglia che si facesse innanzi a richiederli , e i tanti rei ai quali egli ottenne colla sua eloquenza salvezza e scampo , e le liete voci d’applauso con cui talvolta il suo parlare fu ricevuto dal popolo tutto (V. Quintil. l. 7, c. 3). Io considero solamente l’autorità e il potere che su tutto il popol romano si acquistò Cicerone, per cui non si accinse mai a persuadere o a dissuader cosa alcuna, che non traesse il popolo al suo parere. La prima pruova ch’ei ne facesse, fu allor quando pretore parlò da’ rostri , perchè il comando della guerra contro di Mitridate affidato fosse a Pompeo; e f ottenne. Ma prove assai più gloriose ne fece nell’anno del suo consolato. Levasi nel teatro un popolare tumulto contro di L. Ottone che avea costretti i plebei a starsi separati da’ nobili ne’ più lontani sedili, e il tumulto cresce per modo che già si viene alle mani. Cicerone vi accorre, impone autorevolmente silenzio alla plebe, dal teatro la conduce al tempio di Bellona, e le parla; e il parlare di Cicerone ottiene che essa tornata al teatro cambj lo sdegno in favore, e i fischi d’insulto in liete grida d’applauso. Rullo tribun della plebe propone al popolo una legge per cui le più ubertose campagne d’Italia dovevano ad esso gratuitamente distribuirsi. Cicerone ne conosce i rei occulti disegni, parla al popolo, e lo raggira e lo commuove per modo, ch’esso ricusa sdegnosamente il dono che Rullo gli offre. Colla Tiraboschi, Voi I. a5